Binario 5
Binario 5 è un pensiero non premeditato, nato fra il 2021 ed il 2022.
Dopo 20 mesi ininterrotti di smart-working, la ripresa del lavoro in presenza ha significato ripresa del mio pendolarismo verso Milano con il treno.
Mi sono resa conto che, mentre tutto era rimasto uguale, il mio sguardo era mutato nel profondo ed ho iniziato ad osservare in modo nuovo e curioso i colori i gesti le sfumature ed i particolari della quotidianità di chi, come me, viaggiava.
Travolta e partecipe di un momento unico che accomunava me a degli sconosciuti ho avvertito anche la nostalgia del silenzio e dello spazio che avevano caratterizzato i lunghi mesi trascorsi fra le mura di casa.
Ho percepito un ritorno alla normalità illusorio ed una neonata fratellanza con chi, perso nei propri pensieri, con espressione sognante verso il finestrino o ad occhi chiusi, si trovava necessariamente a condividere spazi ristretti, questa volta con il volto semicoperto dalle mascherine, con le quali abbiamo imparato a convivere.
Ho sentito la necessità di raccontare queste nuove sensazioni sperimentate nei “nonluoghi”per eccellenza, il treno e la stazione, che da decine d’anni già frequentavo, ritrovandovi sorprendentemente una comunione di gesti ed intenti che caratterizzano invece i cosiddetti “luoghi di relazione” a noi familiari.
Lo smartphone, compagno di viaggio di molti pendolari e viaggiatori, fra le mie mani è diventato il mezzo di narrazione e testimonianza del mondo nel quale mi sono sentita accerchiata, fagocitata e partecipe, è stato l’occhio del mio sguardo nuovo che ha potuto leggere mani occhi piedi oggetti e sguardi, come se fosse la prima volta e forse, per la prima volta, leggere me stessa”.
Si ricorda che l’accesso alla mostra è libero e gratuito e che all’interno dei nostri spazi tutti i visitatori sono invitati a rispettare le normative anti COVID-19.
Cristina Sara
E’ difficile spiegare il motivo per cui scatto delle fotografie e perché questo sia vitale per me. Non so neppure dire da quanto tempo fotografo, forse da sempre, più probabile da mai: non ho presunzioni o pretese di “saperci fare” anzi, nel considerarmi sempre una principiante, ogni immagine rappresenta un vero e proprio debutto, tutte le volte. La verità, forse, è che io non scatto delle fotografie: sono le immagini, al contrario, che mi hanno sempre circondata e sono venute a cercarmi tirandomi la manica, tamburellandomi sulla spalla, ronzandomi in un orecchio. Questi avvenimenti un po’ magici si sono declinati e concretizzati quindi in svariate modalità ed in momenti diversi della mia vita nella moltitudine dei disegni che ho fatto da bambina (e non), nelle mie costruzioni un po’ sghembe, nei miei collage e découpage, nelle parole – appuntate dove capita – scritte di getto e somiglianti a versi e, infine, anche attraverso un obiettivo: che fosse quello della vecchia Voigtländer del mio papà, quello delle mie macchinette compatte, delle Kodak di cartone usa e getta, della reflex o dello smartphone poco importa: l’urgenza è sempre stata una sola: costruire il mio universo parallelo, che mi accoglie e protegge, dare una vita all’immagine che si agitava danzando attorno a me così come io volevo che fosse, in modo che esprimesse il mio “sentire”. Mi piace definire questo immenso microcosmo di immagini disegnate, dipinte, incollate, scritte o fotografate, la mia galassia dentro una pozzanghera: è il mio essere piccola e minuscola proprio come una pozzanghera che al tempo stesso, nel suo riflesso, può contenere un cielo intero.